Nel Tempo e nello Spazio, Scritta per Easter Egg Day di Pseudopolis Yard

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BrokenApeiron
CAT_IMG Posted on 16/4/2014, 10:57




Titolo: Nel Tempo e nello Spazio
Fandom: Iron Man 2
Prompt: Viaggi nel tempo e nello spazio
Stato: Primo capitolo - Long Fic

Era andata così. Lui era morente, e l’Altro aveva vinto. Una medaglia, l’onore, e lui non sarebbe stato altro che un nemico sconfitto ancora una volta. Non doveva accadere. Non doveva accadere più.

Quello che Tony Stark aveva chiamato esplosione, in realtà era l’apertura di un complesso varco spazio-temporale. Certo, aveva fatto collassare un’intera serra, ma aveva funzionato. Si era spostato. Quanto tempo lavorava su quello strumento? Da quanto tempo aveva organizzato quel viaggio, come piano B? “Se le cose fossero andate male”…?
Non poteva più tornate indietro. Non voleva tornare indietro. Avrebbe abbandonato il Tony Stark che aveva tanto amato e odiato, sperando di trovare redenzione anche per la propria anima, per il proprio amore violento. In un’altra epoca, con un’altra vita…

Macchine. Vecchie automobili. Fumo, ma un inquinamento… Diverso. Più… Ottimista.
“Forza, Vanko, il capo ti sta aspettando.”
Ivan si girò, trovando un uomo ben vestito, cappello ben calato in testa, che si accendeva una sigaretta con un accendino in metallo. Ivan sollevò appena una mano, in tempo per vedere di star indossando un completo gessato, elegante, e di avere meno tatuaggi sulle mani. Rimase a guardarsi la pelle per qualche secondo, sentendosi quasi perso. Non vedere ogni centimetro ricoperto di inchiostro lo lasciava… Basito. Perplesso. Ogni singolo tatuaggio portava un significato, una storia, un titolo. Era rimasto in carcere per meno anni..?
“Allora, Zar, vuoi startene lì impalato o incontri il capo? Guarda che non è un tipo paziente.”
Lo rimbrottò l’americano sputando a terra, guardandolo ostile. Ivan deglutì e mosse qualche passo avanti, notando con stupore di avere una forma fisica migliore. Non sentiva il perenne mal di fegato che da anni ormai lo accompagnava. Il cappello di feltro lo proteggeva dalla luce, mentre i grattacieli dai colori luccicanti risplendevano fulgidi del Sogno Americano.
Benché non sapesse chi fosse questo capo con sicurezza, Ivan era alquanto sicuro che fosse Tony, per due motivi. Il primo, la sua incarnazione non avrebbe potuto fare altro che cercarlo anche in quella vita. Secondo, lo stile borioso e opulento della hall del grattacielo era certamente suo. Anche se, da quel che sapeva, i Ruggenti Anni Venti non avevano nulla che non fosse borioso e opulento.
Varie segretarie, tutte in abiti succinti -anche questo era tipico di Stark- gli indicavano la via con un gesto malizioso della mano, spesso coperta di anelli con brillanti. No, Ivan si era sbagliato. Quell’opulenza era molto superiore a quella dello Stark che conosceva lui. O forse trovava il tutto di cattivo gusto perché non era la sua epoca. Dopo qualche scalino di marmo, una grande porta venne aperta da due maggiordomi, mostrando l’interno di una sala che Ivan aveva visto solo nei vecchi film.
Un gigantesco lampadario a gocce pendeva dal soffitto, mentre tappeti persiani e pellicce di animali coprivano il pavimento di parquet. Un pianoforte risedeva nell’angolo, perfettamente tenuto, e probabilmente anche poco suonato. Un tavolo da biliardo stava al centro della stanza, poco lontano da un bancone pieno di bicchieri e bevande. In pieno proibizionismo, Tony non esitava a mettere in mostra il proprio potere e la propria ricchezza, tenendo alcolici in bella vista davanti ad uno specchio che rifletteva parte della sala. Ulteriori scale di marmo si snodavano dietro il banco, unendosi in un pianerottolo di marmo bianco che portava ad una stanza dalle porte di legno semiaperte, permettendo ad Ivan di intravedere quelle che sembravano le lenzuola di un letto dalle dimensioni davvero enormi.
Appoggiato al bancone, un uomo assolutamente di classe, ben vestito, stava mescolandosi un drink, la barba ben curata e le labbra gonfie incurvate in un sorriso sotto i baffi perfetti.
“Ben arrivato, Vanko. Abbiamo parlato a lungo al telefono di questi patti… E non vedo l’ora di vedere cosa mi hai portato. Non che non abbia dormito per l’attesa… Ma sono assolutamente pronto a deliziarmi davanti al contenuto della sua valigia.”
Ivan rimase per qualche secondo a fissare l’uomo davanti a sé, che quasi non ascoltò le sue parole. Si accorse solo in quel momento di avere tra le mani una valigetta, abbastanza pesante. La guardò un po’, per poi avvicinarsi, superando il biliardo con passo sostenuto, per poi poggiare la valigetta sul bancone. Ora, da vicino, poteva vederlo. Più rovinato dell’uomo che conosceva. Più… Sregolato.
Tony si passò la lingua sulle labbra e aprì la valigetta, contenente vari chili di cocaina ben impacchettata. Ivan impallidì. Per quanto lui fosse sempre stato un alcolizzato, non si era mai avvicinato ad una droga così pesante. A Stark, invece, sembrava piacere. E molto.
Ivan tirò un profondo respiro e girò appena la testa, nervoso, appena in tempo per notare una piccola pistola puntata alla propria testa.
“Tony! Cosa ti avevo detto riguardo ai traffici? Ti avevo avvertito, noi non facciamo accordi con i gangster!”
Un uomo in tutto e per tutto simile a Tony, di una trentina di anni più vecchio, si stava mordendo il labbro con forza, l’espressione furiosa. Ivan non fece fatica a riconoscerlo, Howard Stark era l’ombra del figlio. Più nera, più vecchia.
Le pupille di Tony si dilatarono, e passò oltre il bancone, furioso, cercando di mettersi davanti al padre, in uno scatto d’ira che Ivan faceva fatica a comprendere in lui.
“Papà, sto solo seguendo le tue orme! Non hai avuto anche tu traffici coi russi? Ti reputi tanto santo, quando in realtà sei nel fango esattamente come me!”
L’uomo alzò la pistola con più convinzione, e Ivan ebbe la spiacevole sensazione che le cose non sarebbero finite bene. Fu un attimo, nel quale il senso di autoconservazione prevalse e schiacciasse il bottone per il salto. Uno sparo, un fiotto di sangue, e tutto divenne bianco.
 
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